lunedì 1 settembre 2008

Mario Rigoni Stern
Il Sergente nella neve
Memoria ed Epopea Alpina

Mario Rigoni Stern:

il racconto come veicolo della memoria


Il Sergente nella neve” ha finito di combattere. E’ tornato a baita, tra la sua gente, tra i suoni e i colori delle sue montagne, e ora riposa la pace eterna.
Il sergente nella neve era Mario Rigoni Stern, medaglia d’argento al valor militare, alpino per scelta, uomo semplice di grandi passioni, di nobili sentimenti e di alta sensibilità verso gli altri, grande amante della montagna e della natura, icona dello spirito autentico degli alpini e dei valori della gente di montagna, grande scrittore e instancabile narratore, pezzo importante del nostro novecento, grande voce narrante della storia e della letteratura del nostro Paese e della verità umana. Arruolato nel corpo degli Alpini nel 1938, allo scoppio della guerra fu mandato a combattere dapprima in Francia, poi in Albania, in Grecia ed in Russia. E proprio nella gelida regione sovietica, durante la II guerra mondiale, il sergente visse l’esperienza che gli cambiò la vita, combattendo una guerra che gli ha lasciato segni inenarrabili, ma che ha avuto la capacità di trasformare in letteratura. Le sue storie trasudano di luoghi lontani, visti in prospettiva dall’Altipiano di Asiago, dove hanno preso origine le sue parole ed i suoi racconti, che gli hanno valso diversi importanti premi ed una fama che travalica le Alpi. Un uomo che ha condiviso immagini, storie e ricordi con Eugenio Corti, Primo Levi e Nuto Revelli, dei quali è stato grande amico.
“Il sergente nella neve” è anche il capolavoro letterario di Mario Rigoni Stern, col quale si colloca all’interno della corrente narrativa neorealistica. Un romanzo autobiografico, pubblicato nel 1953 su indicazione di Elio Vittorini e divenuto ben presto un classico della letteratura italiana, tradotto in diverse lingue e utilizzato in molte scuole italiane come testo di lettura. Cronaca personale e diretta dell’esperienza dello scrittore, quando era sergente della divisione Tridentina durante la campagna di Russia, il libro racconta la tragica ritirata dell’Armir, di cui faceva parte il Corpo d’armata alpino, nel gennaio del 1943, durante la quale miglia di soldati italiani morirono sotto i colpi del nemico e del freddo polare ed il sergente si distinse per aver portato in salvo, fuori dalle linee del fuoco nemico, un cospicuo gruppo di soldati ormai allo sbando. Il libro è una grande testimonianza storica, un racconto lucido, sincero, privo di inibizioni e di timide premure, una storia straordinaria che arriva dritta al cuore e non risparmia verità, un lacerante inno contro la guerra, ancora più forte perché scritto da un ex soldato. Storia di uomini mandati allo sbaraglio, con armi e vestiti inadeguati e cibo scarso. Quei giorni, Mario Rigoni Stern, semplice sergente divenuto improvvisamente responsabile della vita di molti uomini, li racconterà, con misurato orgoglio, come essere stati i giorni più importanti della sua vita. Un racconto doloroso ma fondamentale per trasmettere agli altri il senso della propria esperienza, che rappresenta un sicuro ed efficace veicolo della memoria. Un racconto, dunque, all’insegna del ricordo e della memoria, di tutti i compagni uccisi, di coloro che ha visto cadere al suo fianco sulla neve, nella più tragica insipienza e inadeguatezza dei vertici militari. Un’esperienza nel corso della quale Mario Rigoni Stern si è contraddistinto anche per i suoi interventi a favore di alcuni civili in condizioni disagiate, che sono sopravvissuti grazie al suo aiuto, come Nikolaj Sanvelian che, salvato dal sergente, diverrà uno dei più apprezzati scrittori Russi e, all’avvio della glasnost e della perestroika, costituirà l’Associazione Internazionale degli Intellettuali “My Cultura” a cui parteciperanno anche Mario Rigoni Stern, Alberto Moravia e Giancarlo Pallavicini.
Di MarioRigoni Stern sono molto noti anche gli altri suoi romanzi, come “Il bosco degli urogalli”, “Storia di Tonle”, “Le stagioni di Giacomo” e via dicendo, tutti ispirati a grande rispetto e amore per l’uomo e la natura, nei quali sono sottolineati i valori importanti, autentici, veri ed universali della vita, in cui egli credeva fermamente: il grande amore di un uomo per la sua terra, il legame indissolubile tra memoria e natura, che costituisce l’essenza delle sue opere. Mario Rigoni Stern “aveva la grandezza che hanno i solitari”, come disse lo scrittore Ferdinando Camon. Quando un grande come Mario Rigoni Stern non c’è più il sentimento che si prova è di nostalgia e di rammarico per non averlo conosciuto. Certo, rimangono i suoi libri, ma una persona così sarebbe bello poterla guardare negli occhi mentre racconta.
Il sergente se n’è andato, non c’è più, ma ci si può credere: l’eco della sua voce risuonerà a lungo e non solo tra le sue montagne.
Michele Petullà