domenica 25 novembre 2007

sabato 18 agosto 2007

Perchè abbiamo amato, amiamo e ameremo sempre Fabrizio De Andrè

De André ha stravolto i canoni della canzone italiana con le sue misteriose e magiche ballate dal ritmo intenso e penetrante, sempre sospese tra mito e realtà. Ha sempre attribuito una maggiore attenzione alla qualità del testo rispetto alla quantità della produzione.

Ha sfidato gli arroganti ed i potenti di ogni tempo con il linguaggio sferzante dell’ironia, senza mai cedere alle “leggi del branco”.

Molti suoi testi sono considerati dei veri e propri componimenti poetici e, come tali, inseriti in diverse antologie scolastiche di letteratura.

Sempre fuori dal coro, De André ci ha parlato di libertà, rifiutando dogmi, parole d’ordine e slogan da combattimento.

Ascoltare De André è stato come leggere un romanzo di formazione, uno di quei libri in cui si racconta una crescita e ci si identifica in una maturazione; in cui il lettore cresce e matura leggendo.

De André era innanzitutto la sua voce, una voce da sciamano suadente, che si riconosceva all’istante come quella, antichissima e vivifica, di un cantore di razza.

Quel timbro era così unico, inconfondibile, inimitabile: la sua voce non era mai estranea a ciò di cui parlava. Era una voce etica. In tutte le sue canzoni traspare la ricerca del senso etico prima ancora che estetico. Sembra impossibile immaginare De André senza la sua voce, senza quella voce.

In una continua e straordinaria ricerca poetica, De André ha raggiunto un raffinato e profondo pathos, anche nelle canzoni in dialetto che, in genere, incontra molte difficoltà ad entrare nel circuito mediatico. Ma De André, con la sua vibrante e suadente voce, è stato capace di trasformare il dialetto delle sue canzoni in una lingua alta e sensuale; un’eleganza che non è mai folklore ma sempre ricerca, ostinata ed etica.

A De André va sicuramente riconosciuto il coraggio e la coerenza di aver scelto di sottolineare i tratti nobili ed universali degli sconfitti; nelle sue canzoni ha cantato spesso storie di emarginati, ribelli, diseredati, come in una specie di “antologia dei vinti”, dove lessenza della persona conta più delle azioni e del loro passato.

Nella sua produzione artistica De André ha raggiunto alte vette di lirismo poetico. In ogni sua canzone è presente la poesia come atto di amore e di riscatto verso l’umanità ferita e dimenticata.

I versi delle sue canzoni sono sempre improntati ad una personale e disincantata filosofia cristiana, ad una particolare spiritualità, ad una grande eticità e ad una profonda sensibilità.

Lo scrittore colombiano A. Mutis disse che soltanto un uomo con una grande anima come lui avrebbe potuto scrivere quei versi.

L’eleganza, la forza, la grazia, il mistero di quei versi, vestiti di una musica come di sogno, non potevano che provenire dalla mente e dal cuore di un artista così immenso.

Dentro le sue canzoni, ci sono i suoi due immensi mari, sospesi tra la poesia e la rabbia. Ed in mezzo lui, l’artista, l’uomo, un’isola che, tra violente burrasche e sospirate bonacce, sapeva ascoltare il rumore del mare profondo e di tutte le sue creature. Un porto di navi e lingue diverse, di marinai e donne misteriose, dove sbarcavano le sonorità di terre lontane e le parole degli chansonnier francesi che tanto amava.

Il musicista e compositore N. Piovani ha detto che De André non è stato mai di moda. La moda, effimera per definizione, passa. Le sue canzoni, invece, restano.

De André era unico. Lo era nella fatica, nel disagio, nell’inquietudine di creare. Lo era nel cercare sempre una strada propria in mezzo al divismo ed alle ben calcolate produzioni della musica moderna. Un modello inimitabile di coerenza, serietà ed ironia.

La sua produzione artistica è memorabile per varietà ed intensità. Un artista che non ha mai dimenticato che c’è nella musica un mistero prezioso, una sfida, una ribellione che non deve arretrare davanti ai tempi ed alle mode.

Le sue canzoni, che hanno il coraggio e la passione di incontrare le diverse culture, sono un vaccino contro ogni razzismo. Ogni sua canzone è un dono misterioso che deve essere conservato. Per tutto questo, De Andrè rappresenta un mito fertile, che ci spinge a non rinunciare al nostro talento, a seguire la nostra rabbia, il nostro stupore, i maestri migliori. De André era uno degli ultimi rimasti. Accettiamo la sua sfida, adesso che non c’è più. E’ ancora possibile essere liberi, seri, creativi, senza compromessi e senza paure.


Michele Petullà (pubblicato su Calabria Ora del 17/8/2007)

Il ricordo di De Andrè a Mileto
Emoziona Angelo Fusca con 'A Cimma






Il vincitore Angelo Fusca, accompagnato alla tastiera dall'ottimo Vincenzo Pesce ed alla chitarra dall'ottimo Giancarlo Colloca, ha cantato una emozionante 'A Cimma.
In alcuni momenti, chiudendo gli occhi, si poteva udire in lontananza Fabrizio con le sue intense e penetranti sonorità.


Mileto ricorda Fabrizio De André, il cantore degli emarginati

Fabrizio De André era, e rimane, uno fra i più conosciuti, amati ed importanti cantautori italiani di sempre. Ne sono testimonianza e dimostrazione i tanti concerti celebrativi e gli omaggi alla sua opera che, sin dalla sua scomparsa, avvenuta l’11 gennaio 1999, si susseguono sempre più numerosi e partecipati. Nelle piazze e nei teatri di città e di provincia sono centinaia, ormai, le manifestazioni che, ogni anno, gli vengono dedicate. In questo contesto si inserisce, ed acquista ancora più rilevanza e significatività, il “Premio Fabrizio De André” – Città di Mileto, organizzato dalla locale Associazione Pro loco, con il patrocinio di Provincia e Comune, le cui fasi finali si svolgeranno questa sera con inizio alle ore 22,00. Una manifestazione di ampio respiro e di sicuro interesse, non solo artistico, che, pur essendo alla sua prima edizione, si candida sicuramente a divenire polo di attrazione per artisti ed appassionati e a proiettare la ridente, importante e dinamica cittadina della nostra provincia, già ricca di cultura e di storia, nei grandi circuiti culturali di interesse nazionale. Una manifestazione che, dal punto di vista artistico e culturale, ha lo scopo di stimolare e promuovere, attraverso la riproposizione e l’interpretazione delle canzoni di De André, ed in sintonia con il suo modello, una creatività libera e non condizionata dalle tendenze legate alle mode, al fine di dare originalità e vitalità alla produzione artistica in campo musicale. Una manifestazione, dunque, di sicuro valore artistico e culturale, assolutamente da non perdere, nel nome e nel ricordo di Faber, l’amico fragile, e delle sue canzoni, che sono di grande attualità.
Michele Petullà
(pubblicato su Calabria Ora del 17/8/2007)

mercoledì 25 luglio 2007

Letta al premierato PD: qualcuno che ci fa sognare


Un premier di 41 anni! Finalmente.
Un esperto di politica internazionale.
Un esperto di welfare.

Un politico di larghe vedute

Referendario:

Penso sia lo stimolo giusto perché il Parlamento approvi una legge elettorale sul modello tedesco, quello vero, con una soglia di sbarramento non fittizia

Giovane con i giovani
C’è una generazione tra i trenta e i quarant’anni che nella politica è poco rappresentata. Non mi rivolgo soltanto ai miei coetanei. Ma non mi chiamo fuori: di quella generazione faccio parte; e credo che abbia molto da dare, soprattutto al partito democratico.

Il retroterra


Ci siamo formati negli anni Ottanta; anni bistrattati, che in realtà sono stati straordinari. E non soltanto per la musica, la tv, il cinema, il design.
Non è vero che siano stati soltanto gli anni del riflusso; la formazione di chi era ragazzo allora è stata forse più equilibrata di quella della generazione precedente. Questo ci rende per certi aspetti più liberi».
Gli esempi che si potrebbero fare sono molti. «Aver cominciato a seguire la vita pubblica dopo la crisi delle ideologie ci ha avvantaggiati. Non essendoci mai illusi, non abbiamo vissuto la fase della disillusione». Da qui un atteggiamento più equilibrato, anche nei confronti dell’America: «Prima di noi è cresciuta una generazione critica, e anche giustamente: erano gli anni del Vietnam. Qualcosa di simile sta accadendo ora con l’America di Bush che scatena la guerra in Iraq.
Per noi l’America era il grande avversario dell’Unione sovietica, un Paese che davvero non esercitava su di noi alcuna attrattiva, così come la Cina postmaoista.
Abbiamo amato gli Stati Uniti, fin da subito; e questo ci rende liberi, quando occorre, di criticarli.

Democrazia distribuita

Vorrei fare in modo che il nuovo partito sia costruito un po’ come l’enciclopedia Wikipedia, un po’ come un quadro di Van Gogh. Come accade con Wikipedia, anche nel Pd ognuno delle centinaia di migliaia di partecipanti deve portare il proprio contributo, le proprie competenze, che in certi campi sono di sicuro maggiori delle mie e di quelle dei leader del centrosinistra. E, come i quadri di Van Gogh, il nuovo partito deve avere tinte forti: un giallo che sia giallo, un blu che sia blu. Non deve porsi per prima la questione della mediazione, che è importante, ma dovrà seguire; il Pd deve innanzitutto dire la sua.


L'ultima fatica

L’accordo sulle pensioni dimostra che il governo Prodi c’è, eccome abbiamo raggiunto tre obiettivi. Tutelare i giovani e i precari, con il riscatto della laurea, la totalizzazione dei contributi per evitare che un solo euro versato vada sprecato.

Walter Veltroni si candida alla guida del PD

Walter Veltroni

Efficace
Efficente
Buonista
Americanista
Amante di cinema
Allontanato dalla nomeklatura komunista
Speriamo per sempre lontano dalla dell'ottusita' dei burocrati di partito.

Il Programma

Primo: superare l'attuale bicameralismo perfetto, assegnando alla Camera la titolarità dell'indirizzo politico, della fiducia al governo e della funzione legislativa e facendo del Senato la sede della collaborazione tra lo Stato e le autonomie regionali e locali. Senato e Camera manterrebbero potestà legislativa paritaria nei procedimenti di revisione costituzionale.


Secondo: operare una drastica riduzione del numero dei parlamentari, coerente con la specializzazione delle due camere: 470 deputati e 100 senatori porterebbero l'Italia al livello delle altre grandi democrazie europee come quella francese alla quale sempre di più dobbiamo saper guardare.


Terzo: riformare la legge elettorale, in modo da ridurre la assurda frammentazione e favorire un bipolarismo basato su competitori coesi programmaticamente e politicamente. Il governo sarebbe così capace di assicurare l'attuazione del programma per il quale è stato scelto dagli elettori, come in tutte le grandi democrazie europee. E, infine, la ricostruzione di un rapporto fiduciario tra elettori ed eletti, mediante la previsione per legge di elezioni primarie per la selezione dei candidati. Tutto questo è ora reso ancora più necessario dalla positiva sfida del referendum.


Quarto: rafforzare decisamente la figura del Presidente del Consiglio, sul modello tipicamente europeo del governo del primo ministro, in modo da garantire unitarietà e coerenza all'azione di governo e coesione alla maggioranza parlamentare, attribuendogli, ad esempio, il potere di proporre nomina e revoca dei ministri al Presidente della Repubblica.



Quinto: rafforzare il sistema di garanzie nel sistema maggioritario e bipolare, in modo da scongiurare qualunque rischio di dittatura della maggioranza o di deriva plebiscitaria, prevedendo quorum rafforzati per la modifica della prima parte della Costituzione e per l'elezione delle cariche indipendenti, uno Statuto dell'opposizione, l'attribuzione alla Corte costituzionale delle controversie in materia elettorale, norme rigorose contro il conflitto d'interessi.



Sesto: previsione di una corsia preferenziale, con tempi certi, per l'approvazione dei disegni di legge governativi e voto unico della Camera sulla legge finanziaria nel testo predisposto dalla Commissione Bilancio, sulla falsariga dell'esperienza inglese.



Settimo: escludere nei regolamenti parlamentari la costituzione di gruppi che non corrispondano alle liste presentate alle elezioni e rivedere le norme finanziarie che oggi premiano la frammentazione, comprese quelle sul finanziamento pubblico dei partiti e della stampa di partito.

Ottavo: completare la riforma federale dello Stato, attuandone gli aspetti più innovativi, a cominciare dal federalismo fiscale e dalle forme particolari di autonomia che possono avvicinare le regioni a statuto ordinario alle autonomie speciali, con uno sguardo particolare alle grandi aree metropolitane.

Nono: attuare l'articolo 51 della Costituzione, prevedendo almeno il 40 per cento di candidati donne e di capilista donne a pena di inammissibilità delle liste. Il Partito democratico applicherà alle proprie liste la quota del 50 per cento.

Decimo: riconoscere il voto ai sedicenni per le elezioni amministrative, valorizzandone l'apporto di freschezza e di entusiasmo essenziale per la rivitalizzazione della democrazia e al tempo stesso la funzione di responsabilizzazione, di socializzazione e di apertura, essenziale nel delicato percorso dall'adolescenza alla maturità

lunedì 16 luglio 2007

Le regole per le primarie del Partito Democratico

Stabilite le regole per le primarie del 14 ottobre, in base alle quali dovrà essere scelta la classe dirigente - dovrebbe essere una nuova classe dirigente! - del nuovo Partito Democratico. Nella sostanza, le regole sembrano essere fatte apposta per favorire le vecchie oligarchie dei partiti e le decisioni delle segreterie di partito: i soliti vecchi personaggi. Come valutare diversamente il balzello di 5 euro che ogni cittadino-elettore dovrà pagare per poter esercitare il suo diritto di voto? E ancor di più, come valutare diversamente la formazione di liste "blindate", in cui i candidati sono inseriti secondo un ordine prestabilito dai partiti e rispetto alle quali nessuna preferenza sarà possibile esprimere, con la conseguenza che i primi nominativi in elenco saranno avvantaggiati enormemente? Lo stesso sistema della legge elettorale con cui abbiamo votato alle ultime elezioni politiche, tanto osteggiata e criticata dal centrosinistra ed ora, invece, utilizzata dallo stesso centrosinistra per le primarie. Non c'è che dire, bell'esempio di coerenza politica e di democraticità. Meno male che stiamo lavorando per costruire un partito nuovo, aperto e democratico!

domenica 8 luglio 2007

La Nuova classe dirigente del Partito Democratico

Il metodo di selezione della nuova casse dirigente e' un nodo cruciale nella costruzione del PD.
Puo' la classe dirigente vecchia costruire una classe dirigente nuova?.
Chi lascia per chi?

Il quotidiano della Calabria: un gioco estivo o il gioco di sempre?

http://www.ilquotidianodellacalabria.it/
E' stato realizzato dal Quotidiano della Calabria un sondaggio on line per per la ricerca di un Veltroni calabrese.
Dichiarato come un gioco estivo si e' rivelato fare i giochi dei potenti di turno.
Sebbene il giornale sbandierasse che i voti erano controllati, tale controllo non e' stato fatto sicche' le grandi aziende calabresi (Provincie, Regione, Comunita' Montane, ASL -what else?-) hanno potuto per un giorno lavorare omaggiando i loro amici dai terminali pagati dallo stato e messi a disposizione per il servizio ai cittadini.
Una registrazione che mostrasse l'unicita' della persona era quanto meno auspicabile.Perche' mai un simpatizzante del centrosinistra avrebbe dovuto negarsi, nascondendosi dietro l'anonimato? Chi e' veramente motivato a scegliere strade nuove non si nasconde dietro i terminali e non viene demotivato perche' deve fare una registrazione con garanzia della privacy.
E chi son quei 600 rimasti come "altri" sul giornale se non gioiosi lettori in vena di giochi estivi, molto di piu' dei primi tre classificati?.

Consiglio Comunale di Vibo Valentia: nasce il “Gruppo Autonomo per il Partito Democratico”

L’attività politico-amministrativa dell’attuale maggioranza, al governo del Comune di Vibo Valentia ormai da due anni, nonostante gli impegni assunti, continua a vivere una deludente e deprimente situazione di impasse, se non ancora di vera e propria crisi, rispetto alla quale si stenta ad intravedere un’adeguata, opportuna e concreta soluzione.
Ancora una volta, tutto sembra ruotare, principalmente e quasi esclusivamente, intorno alla formazione della giunta comunale, alla difesa e/o all’acquisizione di posizioni di potere attraverso la nomina degli assessori, alle tattiche ed alle strategie partitiche, mentre scarsa attenzione viene riservata ai problemi veri della città e del suo territorio.
Ma la città non può più attendere; la città merita ed esige che si parli seriamente e concretamente di essa, dei suoi problemi e del suo sviluppo; la città vuole risposte risolutive, non più differibili, ai suoi annosi problemi e che, finalmente, venga avviato un reale processo di sviluppo e di crescita.
E’ una situazione che richiama tutti i soggetti politico-amministrativi di questa maggioranza ad una riflessione attenta, seria e responsabile e la necessità che ognuno parli con chiarezza, facendo seguire alle parole comportamenti e scelte coerenti e consequenziali e, se necessario, dei sostanziali passi indietro, nell’interesse e per il bene della città e del suo territorio.
E’ in questo contesto, connotato, peraltro, da uno stato di insoddisfazione e di insofferenza per i scarsi risultati fin qui raggiunti dall’azione amministrativa e dalla sottostante azione politica, che sono maturate l’esigenza e la determinazione di costituire, all’interno del Consiglio Comunale di Vibo, un gruppo consiliare nuovo, denominato “Gruppo Autonomo per il Partito Democratico”, di cui fanno parte i Consiglieri Fiorillo Francesco, Cilurzo Salvatore, Russo Francesco Maria e Petullà Michele, quest’ultimo con funzioni di Capo Gruppo.
Un gruppo consiliare autonomo, svincolato da logiche e da interessi che non abbiano a cuore la buona amministrazione della cosa pubblica, che possa dispiegare al meglio la sua azione politico-amministrativa, con efficacia ed incisività; che guarda principalmente ai problemi da risolvere ed alle azioni da mettere in campo per favorire lo sviluppo della città e del suo territorio, piuttosto che alle tattiche ed alle strategie partitiche; che non ha alcuna posizione di potere da difendere, ma vuole semplicemente mettersi al servizio della comunità vibonese. Un gruppo innovativo che non chiede l’assegnazione di assessorati, ma pretende, da parte dell’amministrazione comunale, la massima attenzione verso i problemi di questa città, a partire da quelli più ordinari e più vicini alla quotidianità dei cittadini - come la pulizia, il decoro e la vivibilità della città, la raccolta dei rifiuti, il traffico e la viabilità, i parcheggi - fino a quelli più straordinari ed a lungo termine, attinenti alle opere pubbliche, alla progettazione, programmazione e messa in opera di opportuni ed adeguati interventi tesi a realizzare concretamente lo sviluppo e la crescita della città e del suo territorio.
Un gruppo consiliare per il costituendo e futuro Partito Democratico, di cui ne condivide le motivazioni e le finalità e per la cui nascita e crescita si impegna lealmente, perché i valori che vuole esprimere, le aspettative che vuole realizzare, le azioni che vuole dispiegare, la speranza e la fiducia che vuole generare e rigenerare, si collocano nel solco di quel processo, da tempo avviato nel nostro Paese, che mira alla creazione di un soggetto politico nuovo, autenticamente democratico e aperto, che sia in grado di dare soluzioni adeguate ai problemi, di raccogliere, alimentare e farsi interprete delle richieste di cambiamento, rinnovamento e riforma che provengono dai cittadini. Un soggetto politico nuovo, il Partito Democratico, che sia in grado di sostenere un adeguato, forte e ambizioso programma di riforme e di portare più vicino ai cittadini le Istituzioni e la Politica.
Un gruppo consiliare nuovo che, pur riconoscendosi come parte dell’attuale maggioranza politica, vuole dare il suo fattivo ma critico contributo ed essere da forte stimolo per una migliore amministrazione del Comune; che guarda con attenzione al cambiamento reale, concreto e visibile ed alla buona amministrazione, tesa a realizzare l’interesse generale, lo sviluppo e la crescita della comunità vibonese intera.
Un gruppo consiliare nuovo, che rispetto a questa Amministrazione Comunale vuole interpretare anche un ruolo di “sentinella” e di “controllo”: pronto a dare il suo appoggio a tutti gli atti e provvedimenti che vanno realmente nella direzione dell’interesse generale della comunità, della soluzione dei problemi, del raggiungimento di risultati di qualità, dello sviluppo e della crescita della comunità, ma inflessibile contro tutti gli atti e provvedimenti che vanno nella direzione contraria.
Un gruppo consiliare, dunque, che in piena autonomia e indipendenza e con atteggiamento critico ma costruttivo, intenderà valutare attentamente i singoli atti amministrativi e su di essi decidere di volta in volta, caso per caso, senza pregiudiziali ma anche senza fiducia incondizionata.
In questa ottica, e coerentemente con questa impostazione, con riferimento alla situazione attuale dell’Amministrazione Comunale, il Gruppo Autonomo per il Partito Democratico non avanza alcuna richiesta di assegnazione di assessorati, né alcuna altra richiesta tassativa e condizionante, riconosce al Sindaco ampia discrezionalità nella gestione della “crisi” in atto e nella scelta degli assessori, ma anche ogni responsabilità derivante dall’esercizio di questa discrezionalità.
Il Gruppo Autonomo per il Partito Democratico, infatti, ritiene che sia compito, nonché dovere del Sindaco dare alla città un governo all’altezza della situazione; una giunta composta di assessori che guardano al loro ruolo istituzionale non solo come un onore, ma sopratutto come un onere, un impegno al servizio dei cittadini e della città; che sappia individuare le priorità di intervento, operare le giuste scelte per governare con efficacia le emergenze, risolvere i veri problemi ed avviare lo sviluppo della città e della comunità vibonese intera; una squadra che, anche se non ambisce a vincere lo scudetto, almeno sia in grado di disputare un dignitoso campionato e non sia destinata, anzitempo, alla retrocessione.
Ovviamente, il Gruppo Autonomo per il Partito Democratico ha in mente una serie di punti programmatici, di interventi e di priorità che nei prossimi giorni, non appena messi a punto, saranno illustrati al Sindaco, affinché possa tenerne conto nell’azione amministrativa e rispetto ai quali saranno chiesti suoi precisi impegni.
Michele Petullà
Capo Gruppo
Gruppo Autonomo per il Partito Democratico

Verso il Partito Democratico

Il congresso è un momento molto importante per la vita organizzativa e politica di ogni partito; segna un momento di verifica, confronto, analisi e produce sintesi destinate a segnarne il futuro. Nel congresso si enunciano i programmi, si tracciano le rotte e si stabiliscono le strategie per il futuro del partito. I congressi di Margherita e DS, in particolare, si celebrano in un momento delicato e significativo, visto che i due partiti sono ormai proiettati verso il nascente Partito Democratico. Sono tanti i segnali che mettono in evidenza come le analisi ed i programmi maturati attraverso l’esperienza dell’Ulivo, cosi come i principi ed i valori che li hanno ispirati, contengono i semi e fanno emergere l’esigenza di una nuova cultura politica e democratica. Esigenza ormai improcrastinabile, soprattutto in Calabria, dove più che mai e più che altrove si avverte la necessità di rinnovare e riformare la politica; di creare una cultura politica nuova che sia in grado di affrontare ed avviare a soluzione le tante emergenze ed i tanti problemi che attanagliano questa terra. Quì, più che altrove, la politica sembra aver fallito il suo scopo fondamentale, che, in sostanza, è quello di saper progettare e programmare efficacemente gli interventi e le azioni, per risolvere adeguatamente i problemi e preparare per tempo il futuro; creare opportunità di sviluppo duraturo e sostenibile; dare risposte adeguate alle istanze della gente; alimentare la speranza in un futuro migliore, specie nei giovani. Una politica molto spesso chiusa su se stessa ed autoreferenziale; che non ha saputo o voluto valorizzare adeguatamente le tante risorse e competenze presenti sul nostro territorio; che non ha saputo o voluto innescare un vero e proprio processo di crescita e sviluppo. Una politica che si è concentrata, quasi esclusivamente, sulla gestione del potere tout-court e sulla spartizione delle poltrone, anziché pensare al buon governo del territorio ed alla saggia, competente, efficace ed efficiente amministrazione della cosa pubblica. Una politica che molto spesso è diventata cosa strettamente personale e personalistica; che non ha di certo incoraggiato né favorito un’effettiva partecipazione dei cittadini all’attività politica e pubblica; che molto spesso ha favorito l’interessata conoscenza a discapito della competenza, del merito e della professionalità. E cosi facendo, questa politica, che non ha avuto la capacità o la volontà di adottare i giusti ed opportuni interventi di cui il nostro territorio aveva ed ha necessità, ha avuto l’effetto di mortificare intelligenze e competenze, aspettative e speranze, creando distacco, disaffezione, sfiducia, rassegnazione. Basta questo per capire l’urgenza e la necessità di rinnovare e riformare la politica, soprattutto in Calabria, creando una cultura politica nuova, più aperta e democratica, più vicina alla gente ed ai suoi bisogni, più attenta verso i giovani e le categorie più deboli. Noi non vogliamo e non dobbiamo rassegnarci all’esistente, al “nulla” imperante che uccide le speranze ed i sogni, soprattutto dei giovani. Noi vogliamo e dobbiamo poter pensare, immaginare, realizzare le nostre legittime aspettative di una società e di una Calabria diversi e migliori, rispettose dei diritti, delle culture, delle intelligenze, delle capacità e delle competenze. Noi vogliamo e dobbiamo credere che la politica possa rappresentare per davvero una speranza di libertà ed uno strumento di emancipazione sociale e civile dei cittadini. Pertanto, la politica deve saper restituire a tutti, e soprattutto ai giovani, la speranza in un futuro migliore. Il futuro Partito Democratico dovrà raccogliere, alimentare, farsi interprete ed essere attore principale di queste esigenze e di queste speranze di rinnovamento. La speranza come spazio vitale necessario alle nuove generazioni deve essere elemento essenziale di una cultura che un partito democratico deve coltivare. Affinché queste speranze vengano adeguatamente alimentate è necessaria una cultura politica nuova, di cui il Partito Democratico può ben essere portatore. E’ una sfida ambiziosa, certo. Ma c’è davvero bisogno di un grande Partito in grado di sostenere un adeguato e forte programma di riforme e suscitare un moto profondo di partecipazione democratica intorno ad un ambizioso disegno. Un Partito in grado di dare risposte adeguate alle istanze di tutti i cittadini, di raccogliere e canalizzare politicamente le richieste di rinnovamento e riforma della politica che emergono sempre più forti nella società. Questa forza può ben essere il Partito Democratico, che si configura, quindi, come partito della democrazia. Un partito di governo che sappia interpretare l’interesse generale. Un Partito popolare aperto alla società, radicato nel territorio, capace di rappresentare e dare voce ai bisogni ed alle aspirazioni innanzitutto dei più deboli e dei più giovani, costantemente impegnato a rendere partecipati e condivisi i processi di riforma. Un Partito né burocratico né leaderistico, ma plurale e democratico nella definizione dei programmi, nella scelta dei dirigenti, nell’impostazione dell’azione politica. Un partito nazionale ed europeo, cioè radicato nella storia del paese e capace di interpretarne l’unità e gli interessi nel quadro della costruzione dell’unità politica dell’Europa. Un Partito culturalmente attrezzato e dotato di una forte carica etica e morale, che promuova e alimenti una vera e propria riforma intellettuale, morale e politica. Un Partito chiamato ad essere artefice e protagonista principale dell’elaborazione di una cultura politica nuova, pluralista, capace di integrare le competenze delle diverse discipline, di riconoscere il limite della politica e al tempo stesso di innervare il discorso pubblico. Un Partito capace di portare più vicino ai cittadini le Istituzioni e la Politica, attraverso l’attuazione di una democrazia partecipata, ricca di collegamenti con la società civile. Un Partito utile al Paese, che dovrà avere solide radici nell’esperienza storica della democrazia italiana e dei suoi diversi protagonisti, pur nella consapevolezza che le eredità delle differenti culture politiche che hanno animato la storia del riformismo italiano sono ciascuna necessaria e nessuna sufficiente a fornire la base per l’elaborazione di una nuova cultura democratica. Un Partito che sia capace di interpretare ansie, aspettative, domande e trasmettere speranza. E’ il programma di costruzione di una società in cui i diritti di cittadinanza di ciascuno siano pienamente realizzati, in cui la famiglia e le comunità locali siano sostenute, in cui lo Stato assicuri secondo principi universalistici i diritti alla salute, all’istruzione, al lavoro, alla previdenza. In cui il lavoro è al centro della società ed il diritto a realizzare se stessi socialmente e nel lavoro diventa un diritto fondamentale. Esiste nel Paese una forte domanda di democrazia, di una Politica “forte ma dotata di misura”, capace di favorire e organizzare la partecipazione dei cittadini ed allo stesso tempo di definire ed indicare una direzione di marcia, una prospettiva, un’orizzonte. Sono le vicende e la storia del nostro Paese che ci indicano la necessità di dare vita in Italia ad un grande Partito Democratico, che ci impongono di costruire non un nuovo partito ma un Partito nuovo, una forza riformista e democratica capace di raccogliere ed interpretare le forti istanze di cambiamento e rinnovamento della società e della cultura politica. Le profonde divisioni sociali, culturali, internazionali e politiche che avevano dato forma al sistema politico della prima repubblica e alla divisione dei riformisti sono ormai venute meno. C’è nel Paese un’unità di fondo tra gli elettori dell’area dell’Ulivo, che costituisce la potenziale base per il Partito Democratico, mentre l’esperienza delle primarie ha dimostrato l’esistenza di una forte spinta alla partecipazione che va oltre il perimetro dei partiti esistenti. Ma affinchè questo processo giunga a compimento occorre affrontare un nodo ineludibile: il nodo della cultura politica. Se vorrà essere un organismo vitale e duraturo, il Partito Democratico dovrà affondare le sue radici in una cultura politica nuova, dovrà definire una propria visione del Paese e dei processi politici, affrontare la questione dei valori e dei principi, delineare un “programma fondamentale”. Nel concetto di Partito Democratico ci deve essere l’impegno a costruire un soggetto che abbia come progetto i valori scritti nei primi articoli della nostra Costituzione (i principi fondamentali) e che abbia come programma la realizzazione piena e compiuta di quei valori. Sono valori di libertà, di uguaglianza e di solidarietà. Sono valori di pace e di giustizia.
Michele Petullà

Incentivi d’oro alla Regione Calabria: rabbia e indignazione.

Rabbia e indignazione! Sono questi i sentimenti più immediati che si provano dinnanzi all’ennesimo caso di ingiustizia perpetrato ai danni dei cittadini calabresi. Per colpa di una classe politica che, attraverso leggi inique, continua a perpetuare i privilegi di pochi a discapito dei diritti di molti, bruciando e sperperando risorse che, invece, potrebbero e dovrebbero essere utilizzate in modo proficuo a vantaggio di tutta la comunità calabrese e di tutto il suo territorio. Dopo il provvedimento scandaloso del “concorsone”, che ha consentito a molti esponenti politici della Regione Calabria di “sistemare” molto bene, senza fatica alcuna e con criteri poco trasparenti, parenti ed amici stretti all’interno dell’Ente, ecco un’altro provvedimento che grida vendetta, un atto che la coscienza morale condanna e che non può che indurre alla vergogna. Mi riferisco alla legge regionale, varata anche questa dalla precedente giunta Chiaravalloti, che prevede l’erogazione di incentivi d’oro (fino a circa 570.000 euro) a favore di quei dirigenti e dipendenti della Regione Calabria che avranno deciso di optare per l’esodo incentivato, ossia di andare in pensione anticipatamente, ricevendo in cambio, oltre al normale trattamento di fine rapporto, una lauta indennità supplementare. Con l’aggravante che, molto probabilmente, alcuni di quei dirigenti avranno la possibilità di rientrare nell’Ente Regionale attraverso il sistema delle consulenze esterne, pagate profumatamente. Della serie “quando si vuole, i soldi si trovano”. La cosa suscita ancora più rabbia ed indignazione se si pensa che, a distanza di oltre nove mesi dall’alluvione del 3 luglio 2006, sul territorio vibonese sono ancora aperte le ferite causate da quel tragico evento, le imprese e le popolazioni colpite sono ancora in attesa di ricevere, se mai lo riceveranno, quanto dovuto e/o promesso. E’ sicuramente un fatto grave, che non può che indignare tutto il popolo calabrese. Un fatto che, ovviamente, non fa altro che aumentare le disuguaglianze tra pochissimi privilegiati e quanti, invece, quotidianamente e con molta fatica vivono di solo lavoro, spesso mal pagato, e pensioni da fame. Il fatto diventa ancora più scandaloso ed inaccettabile se si pensa che nel nostro Paese è in corso un dibattito sulla necessità o meno di innalzare l’età pensionabile e, dunque, di allungare il numero degli anni di attività lavorativa e, conseguentemente, ridurre il numero degli anni di godimento della pensione, con l’intento dichiarato di ridurre la spesa pubblica. Come si concilia questa esigenza con il privilegio, riservato ai dipendenti della Regione Calabria, di poter andare in pensione anticipatamente e ricevere anche una ricca ricompensa, che aumenta inopportunamente smisuratamente la spesa pubblica a carico dell’Ente e, di fatto, limita l’uguaglianza dei cittadini? Il Presidente Loiero si è limitato a commentare il fatto dicendo che sarebbe una bizzarria non applicare la legge. Certo, le leggi vanno applicate. Ma le leggi, come recita la nostra Costituzione, devono essere uguali per tutti i cittadini e, pertanto, è un dovere morale cambiarle quando ci si rende conto che esse sono sbagliate e inique e sono fonte di privilegio. Come la storia e la storia del progresso ci hanno insegnato, per affrontare efficacemente ed efficientemente il presente, preparare un futuro diverso e migliore, avanzare sulla via del progresso, spesso è anche necessario cancellare le “macchie” del passato. Un governatore saggio e illuminato sa, o dovrebbe sapere, che suo compito principale è quello di seguire la strada che conduce ad una competente, efficace ed efficiente amministrazione della cosa pubblica; di perseguire il buongoverno, che consiste, essenzialmente, nel fare bene le cose giuste, guardando al bene pubblico ed all’interesse generale. In Calabria c’è molto da fare, per recuperare i ritardi accumulati in anni e anni di malgoverno; altre, e non i provvedimenti che creano privilegi, sono le priorità che vanno affrontate. E’ ora di finirla con i privilegi, a tutti i livelli. La Calabria è assillata da molti problemi, da molte emergenze a cui la classe politica sembra non riuscire a trovare soluzioni adeguate. Strano, però, che la stessa classe politica, invece, sembra essere perfettamente efficiente e tempestiva quando si tratta di adottare provvedimenti e varare leggi che, direttamente o indirettamente, vanno a proprio beneficio e non a beneficio dell’intera collettività. La Calabria e tutti i calabresi reclamano la giusta attenzione verso questi problemi e queste emergenze da parte della classe politica, la quale dovrebbe rimboccarsi le maniche per affrontare, finalmente, il presente e preparare adeguatamente il futuro, attraverso azioni politiche efficaci ed efficienti. E’ tempo, ormai improcrastinabile, che la Calabria ed i Calabresi vengano, finalmente, governati, con serietà e responsabilità, con competenza e giustizia.
Michele Petullà

Relazione al Congresso Regionale della Margherita marzo 2007

Il congresso è un momento molto importante per la vita organizzativa e politica di ogni Partito e, quindi, anche del nostro Partito: la Margherita.
Il congresso segna un momento alto di verifica, confronto, analisi e produce sintesi destinate ad avere indubbi effetti sul futuro del Partito stesso.
Nel congresso di un Partito politico si condensano valutazioni, punti di vista e si tracciano bilanci sulle sue vicende, le sue scelte, i suoi risultati.
Nel congresso si enunciano i programmi, si tracciano le rotte e si stabiliscono le strategie per il futuro del Partito.
Il congresso, pertanto, rappresenta un passaggio organizzativo e politico molto importante, nel quale ogni soggetto che al Partito fa riferimento (dirigenti, iscritti, simpatizzanti) è chiamato a dare il proprio contributo di idee, proposte, impegno e sostegno, al fine di favorire la crescita, in termini di quantità e di qualità, e l’affermazione del Partito medesimo.
Il mio auspicio è che questo congresso della Margherita calabrese possa produrre, alla fine dei suoi lavori, una sintesi unitaria o comunque ampiamente condivisa, nel metodo e nei valori; una sintesi che possa rappresentare il punto di partenza e la premessa per la crescita, il rafforzamento e l’affermazione della Margherita anche nel nostro territorio.
Con questo auspicio, e consapevole della responsabilità che ognuno di noi ha in questo processo, formulo un sincero e caloroso augurio di buon lavoro a tutti i partecipanti a questo congresso.
Con stima e riconoscenza dico grazie al Segretario Regionale uscente, Franco Bruno. Grazie per il lavoro svolto nel corso di questi anni al servizio del Partito; per l’amore, l’impegno e la passione con cui ha svolto questo lavoro; per l’abilità e la competenza con cui ha saputo affrontare e superare momenti anche difficili nella storia della Margherita calabrese. Grazie!
Con la consapevolezza e la certezza che la sua esperienza sarà sempre un’importante risorsa ed un patrimonio di cultura e di umanità per ognuno di noi.
Questo congresso si celebra in un momento particolarmente delicato e significativo per la Margherita calabrese, alla luce di quanto è successo nel suo più recente passato; in un momento molto importante per il futuro della Margherita stessa, visto che ormai essa sembra essere proiettata senza più esitazione verso il Partito Democratico, di cui, anzi, rappresenta il principale e più convinto socio fondatore.
Non v’è dubbio che la Margherita, finché tale sarà, è un Partito pronto a ripartire e ad accettare le sfide che ha davanti, che vuole crescere, rafforzarsi ed affermarsi anche sul territorio calabrese; un Partito che possiede già, ma vuole possedere sempre di più, le risorse, le capacità, le intelligenze, le competenze, i valori e la cultura necessari per stabilire un forte radicamento anche nella società calabrese (la massiccia presenza e la qualificata partecipazione a questo congresso ne possono rappresentare una dimostrazione).
Un Partito che vuole e può rappresentare un punto di riferimento sicuro, certo, affidabile, responsabile, efficace ed efficiente, all’interno della nostra società civile, ma anche all’interno delle Istituzioni, dove è giusto che la Margherita abbia la rappresentatività, il peso, il rango ed il rispetto che merita un grande Partito popolare.
Un Partito in grado di dare risposte adeguate alle varie istanze che provengono dalla società civile; in grado di raccogliere e canalizzare politicamente le richieste di rinnovamento e riforma della politica che fanno sempre più breccia tra i cittadini.
Sono tanti i segnali (ed anche qui ne sono emersi) che mettono in evidenza come le analisi ed i programmi maturati attraverso l’esperienza della Margherita, cosi come i principi ed i valori che li hanno ispirati, contengono i semi di una nuova cultura democratica, di una nuova cultura politica.
Sono semi che vanno amorevolmente curati, affinché possano germogliare e dare frutti importanti. Soprattutto in questo nostro territorio, dove più che mai e più che altrove si avverte l’esigenza di rinnovare e riformare la politica; di creare una nuova cultura politica che sia in grado di affrontare ed avviare a soluzione le tante emergenze ed i tanti problemi che attanagliano questa terra.
Qui, più che altrove, la Politica, in senso lato, sembra aver fallito il suo scopo fondamentale, che è quello di saper progettare e programmare efficacemente per risolvere i problemi; creare opportunità di sviluppo duraturo e sostenibile; dare risposte adeguate alle istanze della gente; alimentare la speranza in un futuro migliore, specie nei giovani.
Una Politica molto spesso chiusa su se stessa ed autoreferenziale; che non ha saputo o voluto valorizzare adeguatamente le tante risorse e le competenze (culturali, intellettuali, professionali, artistiche, turistiche) presenti sul nostro territorio; che non ha saputo o voluto innescare un vero e proprio processo di crescita e sviluppo.
Una Politica che molto spesso si è concentrata quasi esclusivamente sulla gestione del potere tout-court e sulla spartizione delle poltrone, anziché pensare al buon governo del territorio ed alla saggia, competente, efficace ed efficiente amministrazione della cosa pubblica.
Una politica che molto spesso è diventata cosa strettamente personale e personalistica; che non ha di certo incoraggiato né favorito un’effettiva partecipazione dei cittadini all’attività politica e pubblica.
Una politica che spesso ha favorito l’interessata conoscenza a discapito della competenza, del merito e della professionalità.
E cosi facendo, questa politica ha avuto l’effetto di mortificare intelligenze e competenze, aspettative e speranze, creando distacco, disaffezione, sfiducia, rassegnazione.
Basta questo per capire l’urgenza e la necessità di rinnovare e riformare la politica, creando una cultura politica nuova, più aperta e democratica, più vicina alla gente ed ai suoi bisogni, più attenta verso i giovani e le categorie più deboli.
Noi non vogliamo e non dobbiamo rassegnarci all’esistente, al “nulla” imperante che uccide le speranze ed i sogni, soprattutto dei giovani.
Noi vogliamo e dobbiamo poter pensare, immaginare, realizzare le nostre legittime aspettative di una società e di un mondo diversi e migliori, rispettosi dei diritti, delle culture, delle intelligenze, delle capacità e delle competenze.
Noi vogliamo e dobbiamo credere che la Politica rappresenti per davvero una speranza di libertà. Pertanto, la Politica deve saper restituire a tutti, e soprattutto ai giovani, la speranza in un futuro migliore.
La Margherita oggi, il Partito Democratico domani, deve raccogliere, alimentare, farsi interprete ed essere attore principale di queste esigenze e di queste speranze di rinnovamento.
La speranza come spazio vitale necessario alle nuove generazioni deve essere elemento essenziale di una cultura che un partito democratico deve coltivare.
Affinché queste speranze vengano adeguatamente alimentate, è necessaria una cultura politica nuova, di cui il Partito Democratico può ben essere portatore.
E’ una sfida ambiziosa, ne sono consapevole. Ma c’è davvero bisogno di un grande Partito in grado di sostenere un adeguato e forte programma di riforme e suscitare un moto profondo di partecipazione democratica intorno ad un ambizioso disegno.
Questa forza può ben essere il Partito Democratico, che si configura quindi come partito della democrazia. Un partito di governo che sappia interpretare l’interesse generale.
Un Partito popolare aperto alla società, radicato nel territorio, capace di rappresentare e dare voce ai bisogni ed alle aspirazioni innanzitutto dei più deboli e dei più giovani, costantemente impegnato a rendere partecipati e condivisi i processi di riforma.
Un Partito capace di contribuire al rinnovamento della cultura e delle strategie delle organizzazioni di interesse, perché siano costantemente capaci di aggiornare la loro visione dell’interesse generale.
Un Partito né burocratico né leaderistico, ma plurale e democratico nella definizione dei programmi, nella scelta dei dirigenti, nell’impostazione dell’azione politica.
Un partito nazionale ed europeo, cioè radicato nella storia del paese e capace di interpretarne l’unità e gli interessi nel quadro della costruzione dell’unità politica dell’Europa.
Un Partito culturalmente attrezzato e dotato di una forte carica etica e morale, che si ponga l’obiettivo di contribuire al rilancio dell’intelligenza italiana e alla ricomposizione del tessuto civile della nazione, che promuova e alimenti una vera e propria riforma intellettuale, morale e politica.
Un Partito chiamato a partecipare al rinnovamento della cultura nazionale sul terreno che gli compete direttamente: l’elaborazione di una cultura politica nuova, pluralista, capace di integrare le competenze delle diverse discipline, di riconoscere il limite della politica e al tempo stesso di innervare il discorso pubblico.
Un Partito capace di portare più vicino ai cittadini le Istituzioni e la Politica, attraverso l’attuazione di una democrazia partecipata, ricca di collegamenti con la società civile.
Un Partito utile al paese, che dovrà avere solide radici nell’esperienza storica della democrazia italiana e dei suoi diversi protagonisti, pur nella consapevolezza che le eredità delle differenti culture politiche che hanno animato la storia del riformismo italiano sono ciascuna necessaria e nessuna sufficiente a fornire la base per l’elaborazione di una nuova cultura democratica.
Un Partito che sia capace di interpretare ansie, aspettative, domande e che soprattutto sia in grado di trasmettere speranza.
E’ un programma di costruzione di una società in cui i diritti di cittadinanza di ciascuno siano pienamente realizzati, in cui la famiglia e le comunità locali siano sostenute, in cui lo Stato assicuri secondo principi universalistici i diritti alla salute, all’istruzione, al lavoro, alla previdenza. In cui il lavoro è al centro della società ed il diritto a realizzare se stessi socialmente e nel lavoro diventa un diritto fondamentale.
Esiste nel Paese una forte domanda di democrazia, ossia di una Politica forte ma dotata di “misura”, capace di favorire e organizzare la partecipazione dei cittadini ed allo stesso tempo di definire ed indicare una direzione di marcia, una prospettiva, un’orizzonte.
Sono le grandi cose del mondo e le vicende del nostro Paese che ci parlano della necessità e della possibilità di dare vita in Italia ad un grande Partito Democratico e che ci impongono di costruire non un nuovo partito ma un Partito nuovo, cioè una forza capace di interpretare le novità della nostra epoca e di cogliere le opportunità della fase che si sta aprendo.
Le profonde divisioni sociali, culturali, internazionali e politiche che avevano dato forma al sistema politico della “prima repubblica” e alla divisione dei riformisti sono ormai venute meno. C’è nel Paese un’unità profonda tra gli elettori dell’area dell’Ulivo, che costituisce la potenziale base per il Partito Democratico, mentre l’esperienza delle primarie ha dimostrato l’esistenza di una forte spinta alla partecipazione che va oltre il perimetro dei partiti esistenti.
Perché questo processo giunga a compimento occorre però affrontare un nodo ineludibile: il nodo della cultura politica. Se vorrà essere un organismo vitale e duraturo, il Partito Democratico dovrà, infatti, affondare le sue radici in una cultura politica nuova, ossia definire una propria visione del Paese e dei processi politici, affrontare la questione dei valori e dei principi, delineare un “programma fondamentale”,
Nel concetto di Partito Democratico ci deve essere l’impegno a costruire un soggetto che abbia come progetto i valori scritti nei primi articoli della nostra Costituzione (i principi fondamentali) e che abbia come programma la realizzazione piena e compiuta di quei valori. Sono valori di libertà, di uguaglianza e di solidarietà.
Sono valori di pace e di giustizia.

REGOLAMENTO PER LA PROMOZIONE DELLA CULTURA DELLA PACE, DEI DIRITTI UMANI E DELLA SOLIDARIETA’ (mia proposta approvata)

CITTA’ DI VIBO VALENTIA
REGOLAMENTO PER LA PROMOZIONE DELLA CULTURA DELLA PACE, DEI DIRITTI UMANI E DELLA SOLIDARIETA’
INDICE
PRINCIPI GENERALI
Art. 1 La pace come diritto fondamentale
FINALITA’
Art. 2 Cultura della Pace, dei diritti umani e della solidarietà
RAPPORTI CON ISTITUZIONI E ASSOCIAZIONI
Art. 3 Rapporti e coordinamento con le associazioni e i gruppi di volontariato
Art. 4 Rapporti con la scuola
Art. 5 Iniziative formative
Art. 6 Gemellaggi
Art. 7 Organi
Art. 8 Rapporti con altre strutture comunali
Art. 9 Rapporti con le strutture di altri enti
Art. 10 Rapporti con associazioni di enti locali
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 11 Relazione annuale
PRINCIPI GENERALI
Art. 1
La Pace come diritto fondamentale
Il Comune di Vibo Valentia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e riconosce nella Pace un diritto fondamentale delle persone e dei popoli, nel pieno rispetto dei principi costituzionali e delle norme internazionali che riconoscono i diritti fondamentali della persona umana; si propone come Ente operatore di pace teso a promuovere localmente, in Italia, in Europa e nel Mondo rapporti di solidarietà, fratellanza e cooperazione con altre comunità.
FINALITA’
Art. 2
Cultura della Pace, dei diritti umani e della solidarietà
Il Comune di Vibo Valentia, in linea con quanto previsto dal proprio Statuto, promuove la cultura della pace, dei diritti umani e della solidarietà mediante iniziative ed attività di carattere culturale, educativo, di formazione, di cooperazione e di informazione, miranti a costruire una società locale e internazionale nella quale tutti i diritti e le libertà fondamentali riconosciute dalla Costituzione Italiana, dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, dalle Convenzioni giuridiche internazionali sui diritti civili, politici, religiosi, economici, sociali e culturali, nonché dalle pertinenti leggi statali e regionali, possano essere pienamente realizzati.
A tal fine il Comune di Vibo Valentia assume iniziative dirette e favorisce quelle promosse da associazioni, gruppi di volontariato e di cooperazione e solidarietà internazionale, scuole, istituzioni culturali, Università operanti sul territorio comunale
RAPPORTI CON ISTITUZIONI E ASSOCIAZIONI
Art. 3
Rapporti con le associazioni e i gruppi di volontariato
Il Comune di Vibo Valentia, nel pieno rispetto di quanto contenuto nei Regolamenti comunali sulla partecipazione delle libere forme associative e delle cooperative sociali, contribuisce allo sviluppo delle attività promosse da associazioni e gruppi di volontariato per tradurre in concreti percorsi di cooperazione e interculturalità la cultura della pace, dei diritti umani e della solidarietà;
provvede, altresì, ad assicurare la fruizione di adeguate strutture logistiche da parte di associazioni e gruppi di volontariato operanti nel campo della pace, dei diritti umani e della solidarietà.
Art. 4
Rapporti con la scuola
Il Comune di Vibo Valentia collabora attivamente con gli Istituti scolastici allo scopo precipuo di sviluppare l’insegnamento dei diritti umani, della pace, della solidarietà e della democrazia nel quadro dei programmi educativi, contribuendo così alla corretta applicazione del metodo “educazione orientata all’azione”, raccomandato dall’ONU, dal Consiglio d’Europa e dall’Unesco.
Il Comune di Vibo Valentia:
a) promuove e contribuisce allo svolgimento di corsi di formazione sui temi della pace, dei diritti umani, della solidarietà e della democrazia;
b) bandisce premi per studenti per l’approfondimento di tematiche relative alla pace, ai diritti umani, alla solidarietà e alla democrazia;
c) favorisce i gemellaggi tra le scuole del proprio territorio e quelle dei comuni e comunità di villaggio di altri paesi del mondo.
Il Comune assicura il collegamento costante tra gli istituti di educazione scolastica e i propri uffici e servizi competenti in materia di pace, diritti umani, solidarietà e democrazia.
Art. 5
Iniziative formative
Il Comune di Vibo Valentia promuove e realizza, in collaborazione con le competenti istituzioni universitarie e culturali e le associazioni della città, corsi di formazione e di aggiornamento su: diritti umani, pace, solidarietà e democrazia per amministratori e dipendenti comunali.
Art. 6
Gemellaggi
Il Comune di Vibo Valentia realizza gemellaggi con comuni di altre Regioni ed altri Paesi quale percorso di pace, anche con la partecipazione delle associazioni e dei gruppi di volontariato operanti nella promozione della solidarietà, della cultura della pace , dei diritti umani.
Per alimentare il percorso di educazione alla pace, ai diritti umani e alla solidarietà, il gemellaggio si prefigge la realizzazione di obiettivi specifici, quali:
a) incontri periodici tra personale comunale e amministratori dei comuni gemellati;
b) cooperazione diretta tra nuclei familiari, associazioni e scuole dei comuni gemellati;
c) programmi di soluzione non violenta dei conflitti;
d) programmi educativi comuni;
e) promuovere azioni di educazione interculturale contro il razzismo, l’intolleranza e la xenofobia.
Art. 7
Organi
Per realizzare le attività indicate agli articoli precedenti il Comune di Vibo Valentia istituisce l’Ufficio “Pace – Diritti Umani – Solidarietà “, con competenza nei seguenti settori:
cultura della pace e dei diritti umani;
solidarietà, locale – nazionale – internazionale, per lo sviluppo umano;
tutela civica;
educazione interculturale contro fenomeni di intolleranza, razzismo e xenofobia
All’Ufficio saranno assegnati, compatibilmente con le previsioni del Regolamento Organico sul Personale e le previsioni di bilancio, mezzi e risorse necessarie al suo funzionamento e personale qualificato e motivato.
Possono essere attivati contratti di diritto pubblico e/o privato, nel rispetto dei relativi regolamenti, per avvalersi di specializzazioni di alto livello scientifico e professionale.
L’Amministrazione Comunale potrà convenzionarsi con centri di studio e di ricerca qualificati per fornire le competenze necessarie per l’attività dell’Ufficio.
L’Ufficio redige annualmente programmi specifici nei suddetti settori, curandone costantemente la corretta esecuzione.
Per la realizzazione dei propri fini l’Ufficio può avvalersi, su segnalazione anche dei Gruppi Consiliari, della collaborazione di:
associazioni e gruppi di volontariato operanti nel settore oggetto del presente Regolamento e iscritti nel Registro Comunale delle libere forme associative e delle cooperative sociali;
mondo della scuola, Università e qualificati istituti culturali;
persone particolarmente motivate portatrici di particolari esperienze o proposte.
Art. 8
Rapporti con altre strutture comunali
L’Ufficio “Pace – Diritti Umani – Solidarietà” opera in stretto collegamento con tutti gli altri Uffici e Servizi Comunali, in particolare con i seguenti:
Difensore Civico;
Commissione Pari Opportunità;
Settore Cultura;
Settore Pubblica Istruzione;
Settore Interventi Sociali.
Art. 9
Rapporti con le strutture di altri enti
Il Comune di Vibo Valentia opera d’intesa e in collegamento con:
Ministero degli Affari Esteri: Direzione Generale per la Cooperazione e lo Sviluppo;
Regione Calabria: Dipartimento per le Politiche Sociali e la Promozione dei Diritti Civili
Prefettura di Vibo Valentia;
Provincia di Vibo Valentia;
Provveditorato agli Studi;
Azienda sanitaria locale n. 8;
ONU e organizzazioni ad essa collegate (UNHCR, UNICEF, UNESCO, ecc.);
Università della Calabria;
Croce Rossa;
Centri di studio e formazione sui diritti dell’uomo e dei popoli, sulla pace, sulla solidarietà.
Art. 10
Rapporti con associazioni di enti locali
Il Comune di Vibo Valentia fa parte attiva delle strutture associative degli Enti Locali, nazionali ed internazionali, che operano nel campo della cultura della pace e dei diritti umani, della cooperazione internazionale per lo sviluppo e del coordinamento nazionale degli Enti Locali per la pace.
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 11
Relazione annuale
La Giunta Municipale relazionerà annualmente, in Consiglio Comunale, su quanto realizzato in merito all’attività di cui al presente regolamento.

Discorso di insediamento del Consiglio Comunale di Vibo Valentia 09/06/2005

Il risultato elettorale delle elezioni amministrative del 3 e 4 aprile 2005 costituisce la manifestazione più evidente della forte volontà di cambiamento espressa dai cittadini di Vibo.
Di questa volontà di cambiamento il sindaco, Dr Franco Sammarco, la giunta comunale e la coalizione di centrosinistra che li sostiene dovranno essere interpreti credibili, determinati e disinteressati.
Consapevoli di non essere depositari di verità assolute, ma esecutori della volontà popolare, bisogna prepararsi a svolgere il compito che i cittadini ci hanno affidato con grande umiltà, spirito di servizio, serietà, responsabilità e determinazione utilizzando il confronto, la concertazione e l’attenzione disinteressata come metodo di Governo della Città.
In questo, Signor Sindaco, può contare su una maggioranza che basa la sua azione politica su valori condivisi quali: trasparenza, solidarietà, attenzione verso i settori più deboli, incoraggiamento e sostegno alla realizzazione delle legittime aspirazioni di tutti i cittadini, efficacia ed efficienza dell’Amministrazione.
In quest’ottica, nel pieno rispetto della volontà popolare, sono sicuro Sig. Sindaco, che vorrà ricercare un coinvolgimento effettivo del Consiglio Comunale; che vorrà stabilire col Consiglio Comunale e con i cittadini un dialogo fecondo che dovrà avere come obiettivo quello di avviare una fase nuova e positiva di attenzione verso la nostra città, anche verso quelle parti del nostro territorio più periferiche, fino ad oggi trascurate.
L’azione di Governo, l’attività del Consiglio Comunale, il confronto che, sicuramente, non mancherà di essere acceso in diversi momenti: tutto dovrà essere indirizzato a far si che a prevalere, in ogni circostanza, sia l’esclusivo interesse della città e dei cittadini.
In questa prospettiva, voglio auspicare che il Consiglio Comunale, anche attraverso il lavoro delle Commissioni, renda le sedute consiliari snelle e produttive di risultati positivi.
Voglio auspicare anche che le Commissioni stesse, siano reale punto di incontro e di confronto, pur nella distinzione e valorizzazione di ruoli, responsabilità e competenze, tra l’esecutivo ed il Consiglio Comunale.
E’ necessario trasformare il Comune da ostacolo e impedimento per il raggiungimento degli scopi legittimi dei cittadini a strumento nelle loro mani per regolare e rendere più facili le relazioni e la vita sociale, per migliorare la qualità della vita.
Per fare questo sarà necessario avvalersi non solo delle capacità e delle competenze degli assessori, ma anche dei suggerimenti dei consiglieri comunali e dei cittadini rappresentativi.
Vibo Valentia è ricca di professionisti, imprenditori, rappresentanti delle categorie e delle forze sociali di grandi qualità, di uomini e donne di cultura di ottimo livello, di un forte movimento di associazionismo sociale. In questi ambiti bisognerà attingere professionalità ed energie nuove per la formazione di consulte, forum e altri strumenti per recepire bisogni, suggerimenti, proposte.
I contenuti delle linee programmatiche (per quello che esse rappresentano, come dichiarazione di intenti, linee guida su cui costruire un percorso fatto di scelte concrete), che personalmente condivido appieno e valuto positivamente, sono fortemente innovativi e di discontinuità rispetto al passato; traducono gli obiettivi sui quali, consapevolmente, i cittadini elettori hanno espresso il loro consenso.
Il programma di Governo, per i prossimi cinque anni, è mirato alla modernizzazione e alla riqualificazione urbana e sociale di Vibo.
Modernizzazione per la realizzazione del progresso e del benessere della comunità.
Riqualificazione urbana e sociale per il miglioramento della qualità della vita.
Preliminare ad ogni possibile azione amministrativa, che si voglia efficiente, efficace e produttiva dei risultati ricercati, dovrà essere la ricostruzione dell’apparato burocratico, che dovrà rispondere a standard di modernità, professionalità, efficienza ed attenzione verso il cittadino.
La nuova macchina burocratica del Comune dovrà essere incentrata sulla trasparenza, sull’operatività rispettosa delle regole e delle procedure, in modo tale da risultare attenta a soddisfare le domande che provengono dai cittadini.
Ogni ipotesi organizzativa va perseguita per l’affermazione del diritto dei cittadini e delle imprese ad avere servizi più adeguati ed efficienti, in aderenza ai principi di partecipazione, trasparenza, legalità.
L’ammodernamento della struttura organizzativa va ottenuta attraverso la ristrutturazione di regole interne nella divisione del lavoro, nella individuazione ottimale dell’attività organizzativa, nella distinzione dei poteri, delle competenze e delle responsabilità, per una struttura comunale più flessibile alle esigenze da assolvere.
Lo scenario verso il quale Vibo Valentia deve proiettarsi è quello di un capoluogo caratterizzato da una pronunciata identità urbana, culturale e sociale.
Ciò vuol dire sviluppare, qualificare, differenziare e potenziare le vocazioni, i caratteri e le funzioni che la definiscono compiutamente come una città.
Una città è, prima di tutto, uno spazio sociale: un luogo nel quale vivono persone e si intrecciano relazioni; rimettere al centro le persone e le relazioni sociali vuol dire che la città non può essere considerata solo per il suo valore d’uso.
Vibo Valentia ha bisogno di un progetto integrato di interventi che miri a farle raggiungere adeguati e soddisfacenti livelli di efficienza, di vivibilità sociale, culturale, urbanistica, economica, in grado di restituire fiducia e speranza di nuove e positive prospettive ai cittadini.
E’ necessario, pertanto, non perdere ulteriore tempo, adagiandosi su vecchi quanto inutili luoghi comuni.
Occorre agire subito, seriamente ed attivamente, per affrontare le emergenze più immediate della città, ed allo stesso tempo lavorare per prefigurare e costruire il futuro di Vibo.
Non intendo, e non ritengo opportuno, entrare nel merito dei singoli aspetti contenuti nelle linee programmatiche.
Mi preme, però, soffermarmi su alcuni temi che ritengo debbano trovare il giusto spazio all’interno di ogni programma di Governo di una Città come Vibo.
Per quanto riguarda le Politiche Culturali, ogni azione ed ogni progetto deve essere improntato all’obiettivo di dare impulso alla cultura ed alla conoscenza.
E’ necessario adottare una prospettiva che veda la città come luogo della cultura e della conoscenza: riconoscendo la centralità della formazione, della conoscenza e della cultura in una prospettiva di crescita; recuperando e valorizzando il patrimonio storico-culturale, quale via per affermare l’identità locale e l’identità culturale di Vibo.
In tema di Politiche Sociali il panorama normativo, nazionale ed europeo, degli ultimi anni ha segnato un cambiamento radicale di cultura e metodologia d’intervento. Oggi al Comune è assegnato un ruolo di protagonista in materia di politiche e servizi sociali.
Un ruolo che spinge a ricercare soluzioni politico-amministrative in grado di assicurare l’erogazione di quelle prestazioni sociali che concorrono a contrastare le forme di povertà vecchie e nuove, avendo cura, nello stesso tempo, di innalzare la qualità della vita dei cittadini.
Questa Amministrazione Comunale deve assumere un nuovo orientamento rispetto al passato; un orientamento fondato sulla trasformazione dei servizi da assistenziali a promozionali, da frammentari ad integrati, da emergenziali a programmati.
Per quanto riguarda le Politiche Giovanili, bisogna rivolgere una particolare attenzione nei confronti dei giovani, al fine di aprire con loro un canale di comunicazione per comprenderne le esigenze e canalizzarne i desideri, le aspirazioni, i bisogni verso reali opportunità di concretizzazione.
E’ necessario attuare politiche tese al coinvolgimento dei soggetti interessati per creare centri di aggregazione a partire da quelli che, generalmente, sono gli interessi e i mezzi di comunicazione a loro più vicini: musica, sport, nuove tecnologie, cultura.
Di pari passo, bisogna avviare reali rapporti di collaborazione con le strutture territoriali, ed in particolar modo con la scuola, per cercare di capire e, per quanto possibile, prevenire le cause del disagio giovanile e contrastare fermamente il fenomeno della dispersione scolastica.
Un’azione amministrativa a favore dell’infanzia e dell’adolescenza è ormai prioritaria nella nostra città. I bambini sono già cittadini di oggi e non di domani. I bambini hanno diritto di cittadinanza, anche a Vibo. I bambini, tra le fasce deboli, rappresentano la fascia più debole per eccellenza. Perché non sono portatori di voti, non hanno potere elettorale e, pertanto, i loro bisogni, generalmente, non trovano adeguata rappresentanza all’interno dei programmi di governo.
E’ necessario adeguare l’organizzazione urbana alla domanda dell’infanzia, metafora della domanda di qualità di tutte le categorie portatrici di diritti, per così dire, “affievoliti”: nel senso che sono resi “deboli”, fino ad annullarli, quando si scontrano con interessi e poteri “più forti”.
Bisogna avere la forza di immaginare e di concretizzare Vibo come “città sostenibile dei bambini”: mettere i bambini al centro delle politiche urbane, nella convinzione che una città che funziona meglio per loro funziona meglio per tutti e per ciascuno.
Ne deriva una conseguenza impegnativa: quella di “declinare” le politiche della città in modo da tenere conto dei bambini, cioè in modo da valutare l’impatto sull’infanzia degli interventi, delle decisioni, dell’organizzazione dei servizi.
Vibo deve sapersi caratterizzare, qualificare e rendere riconoscibile come “città amica dell’infanzia”.
Se saprà fare questo, Vibo potrà guadagnare non solo in termini di qualità della vita, ma anche in termini di attrattività e di immagine.
Mi piace concludere con una citazione, molto esemplare e appropriata alla circostanza.
Italo Calvino diceva: “d’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda”.
Vibo ha bisogno di un Governo della Città che sia in grado di dare risposte adeguate alle domande legittime e sempre più pressanti dei suoi cittadini.
Incominciamo finalmente, in modo serio, concreto, attivo, disinteressato e determinato a dare le giuste risposte a queste domande.
Michele Petullà

Documento programmatico prima delle elezioni del 2005

Nel corso delle ultime settimane, in vista delle prossime elezioni comunali, su queste colonne, ad iniziativa di alcuni intellettuali vibonesi, è stato avviato un dibattito - molto interessante per le prospettive politiche della nostra comunità, ed al quale sarebbe opportuno partecipassero anche i partiti politici - che prendeva le mosse dal fenomeno della “proliferazione di liste e candidati”. Indubbiamente, l’eccessiva frammentazione del voto, conseguente al moltiplicarsi delle liste e dei candidati, pone dei problemi sia in merito al rischio della scarsa rappresentatività politica degli eletti, a causa del limitato numero di voti ottenuti, sia in merito al rischio di selezionare, nella situazione data, un personale politico non adeguatamente competente e qualificato. Tuttavia, credo che l’alta partecipazione di candidati alla competizione elettorale se da un lato risponde alla necessità dei partiti di reclutare persone quanto più capaci di catalizzare il voto degli elettori, dall’altro lato sembra esprimere, in buona percentuale, una legittima richiesta di partecipazione alla vita politica ed alla gestione della cosa pubblica da parte dei cittadini e della società civile: una richiesta che i partiti politici locali non sanno o non vogliono incanalare diversamente ed in modo appropriato al di fuori della competizione elettorale. D’altra parte, accomunare ingenerosamente tutti i candidati alle elezioni comunali, credo sia un’operazione intellettualmente e culturalmente sbagliata, in quanto produttrice di un atteggiamento e di una visione sociale e politica genericamente e semplicisticamente qualunquista, che non ci aiuta a capire la realtà e, soprattutto, non ci aiuta a compiere quel salto culturale che si rende necessario per dare prospettive e speranze ai cittadini e produrre cambiamento positivo nella società. A questo proposito, credo sia giusto ed indispensabile che ogni cittadino che ritenga di avere le capacità e le qualità necessarie, idee e disponibilità di tempo, e sia guidato dall’etica della responsabilità, venga messo nelle condizioni di proporsi come classe dirigente. Purtroppo, bisogna constatare che anche questa competizione elettorale ha messo in evidenza alcuni vizi dell’ambiente politico vibonese. Mi riferisco, in particolare, al continuo passaggio di alcuni noti esponenti politici da una coalizione alla coalizione opposta e contraria, dove anche stavolta hanno trovato posto per una candidatura già pronta e confezionata. Ferma restando la libertà di pensiero di ognuno, ritengo tuttavia che il reiterarsi di questa malsana abitudine, peraltro non contrastata ma assecondata dai partiti politici, rappresenti una pratica politicamente immorale, in quanto non ha come presupposto l’interesse collettivo ma semplicemente l’interesse personale; non rappresenta il frutto di una seria e legittima evoluzione intellettuale del proprio pensiero politico, ma trova la sua giustificazione esclusivamente in motivi di opportunismo, calcolo politico e convenienza personale. Una pratica politica che, pertanto, non può e non deve passare inosservata e sulla quale l’opinione pubblica e gli elettori è bene che riflettano seriamente prima di esprimere il loro voto. Se è vero che “la nostra città registra, da gran tempo, una forte crisi di governance”, è anche vero che la “società civile”, abdicando completamente al suo ruolo di controllo, di stimolo, di indirizzo, sia pure semplicemente culturale, dell’attività politica, ha consentito che si mettesse in evidenza una classe politica in molti casi inadeguata, non all’altezza di rappresentare adeguatamente le istanze della nostra collettività e di dare risposte esaurienti ai suoi problemi. Senza voler generalizzare e fatti i dovuti distinguo, credo di poter affermare che la scena politica della nostra comunità è occupata, in diversi casi, non da politici ma da politicanti o aspiranti politicanti, ossia da persone che fanno politica o pretendono di fare politica senza averne le necessarie virtù, la necessaria competenza, il fondamentale senso di responsabilità, ed il cui comportamento politico è caratterizzato da interesse personale, faziosità, ambizione, assenza di fede e di scrupoli. Vere e proprie mine vaganti per la corretta, regolare, efficace e duratura attività ed azione politica di qualsiasi Amministrazione Comunale. Come diceva il grande e compianto filosofo della politica Norberto Bobbio, di cui ho avuto il piacere e l’onore di essere allievo nel corso dei miei studi all’Università di Torino, il primo dovere di chi governa è il senso dello Stato, ovvero “il dovere di perseguire il bene comune e non il bene particolare o individuale”, mentre il fine principale degli Stati è quello di “tenere a freno gli arroganti, gli ambiziosi e i viziosi”. Proprio per questo è necessario che i cittadini sappiano e vogliano “tenere le mani sopra la libertà”, come scriveva Cattaneo citando Machiavelli. Per frenare coloro che hanno le “mani lunghe” ci vuole, oltre alle leggi, la “virtù civile” dei cittadini. La democrazia ha bisogno di buone leggi, della “virtù politica” dei governanti, ma anche di buoni costumi, ossia della “virtù civile”, che presuppone un forte senso di responsabilità civile, per uomini e donne che desiderano vivere con dignità, per servire la libertà comune. Parlare di virtù civile è importante e necessario per contrastare l’indifferenza e l’apatia politica che purtroppo domina nella nostra comunità e contro cui si è espresso anche don Giuseppe Fiorillo, richiamandosi alla necessità di “un nuovo Risorgimento”. Accettare passivamente un sistema significa sostenere quel sistema e dunque diventare parte di esso. Ogni appuntamento elettorale è importante, perché dà ai cittadini la possibilità di partecipare alla scelta dei propri rappresentanti e dei propri amministratori politici. Un’occasione che non va sprecata, bensì sfruttata al meglio per esprimere in modo consapevole una scelta matura, ben sapendo che essa non mancherà di produrre effetti sulla sfera personale e collettiva della vita quotidiana e della comunità. Affinché il nostro territorio si possa risollevare dalla sua condizione attuale è necessaria un’azione politica che effettivamente abbia come suo fondamento il principio del bene comune: principio sul quale, come diceva Bobbio, si basa la distinzione fra buongoverno e malgoverno. Per questo c’è bisogno di amministratori e di rappresentanti politici veramente competenti e responsabili, che sappiano mettere effettivamente a disposizione ed al servizio della nostra comunità le loro idee, il loro tempo, il loro impegno civile e la loro passione politica. La sana Politica è orientata alla soluzione dei problemi della comunità, sulla base di un’azione politica che ha come fine il Buongoverno, da attuarsi secondo la logica del Bene Pubblico. La Politica rappresenta l’arte di affrontare i problemi e deve essere l’arte del Buongoverno. Il compito della Politica è anche quello di aprire nuove prospettive, dare fiducia e speranza ai cittadini toccando e smuovendo le loro passioni. Vibo ha bisogno di una nuova fase politica, di una nuova cultura politica. Cambiare non è facile, ma non è neanche impossibile. Utopia? Come diceva Lamartine “le utopie, spesso, non sono altro che verità premature” e Le Corbusier “l’utopia non è altro che la realtà di domani e la realtà di oggi è l’utopia di ieri”. Spetta alla Politica il compito di dare voce, forza attiva e slancio alle passioni positive, fiducia e speranza ai cittadini. La politica è anche l’arte del possibile e, pertanto, rappresenta una speranza di libertà.
Michele Petullà