sabato 4 ottobre 2008

Epopea Alpina: Un uomo. Una storia
Racconta Don Giuseppe Ferrari

Marcella Mellea, Michele Petullà, un uomo, una storia,
Vibo Valentia, adhoc edizioni, 2008,127, s.i.p.

Libro a quattro mani la cui trama coinvolgente e’ scritta in forma chiara e scorrevole e si fa leggere volentieri e tutto di un fiato, per arrivare alla fine della vicenda che (spinge verso l’epilogo).
Sembra di rivivere e rivisitare una tragedia familiare delle varie ed assortite guerre del passato e del presente.
Lo stile colloquiale apre con un dolce dialogo continuo e pacato, tra la figlia ed il proprio padre che diventa talvolta soliloquio reale ed immaginario insieme, denso di tenui, delicati ed affettuosi sentimenti, di emozioni forti e non rimossi, recuperati dallo struggente scrigno della memoria. In questo clima viene descritta la vicenda di un umile alpino calabrese che lotta per la sopravvivenza e per il ritorno alla casa natia dove la madre sempre l’aspetta.
Il protagonista è un alpino coinvolto in una storia più grande ed imprevista della sua vita, durante l’arco della seconda grande guerra (1939-45); non voluta, ma subita come da quasi tutti i nostri soldati.
Il testo preso in esame ricostruisce fedelmente il quadro storico, con cenni rapidi, ma sicuri, l’avventura dei nostri soldati e la conseguente disfatta verificatasi dopo la rovinosa ritirata dal Don.
Mussolini “aveva bisogno di un pugno di morti da usare al tavolo delle trattative” per una guerra che secondo i suoi calcoli sarebbe durata poco tempo, anche perché suggestionato dalla “Blitzkrieg” la guerra lampo di Hitler, che aveva avuto tanti successi. L’esempio più éclatante e drammatico della impreparazione ed inferiorità militare italiana si verificò proprio con la partecipazione alla guerra di Russia. Poco dopo l’attacco tedesco, 26 giugno 1941, Mussolini aveva inviato un corpo di spedizione italiano, lo Csir, forte di circa 50.000 uomini. Nessuna ragione strategica coinvolgeva l’Italia in quel conflitto, né vi erano interessi nazionali da far valere.
L’unico fondamento di quella decisione, che sarebbe costata perdite umane immense, era l’intenzione di Mussolini di acquisire titoli di benevolenza presso l’alleato tedesco e di sdebitarsi, in qualche modo dell’aiuto ricevuto in Grecia. Nel 1942, poi, dopo le prime difficoltà incontrate dai tedeschi nella “guerra lampo”, le forze italiane furono portate a circa 220.000 uomini, (un intero corpo di armata): l’Armir. Furono proprio queste truppe a trovarsi coinvolte direttamente nella offensiva d’inverno lanciata dai sovietici sul fiume Don; il fronte fu sfondato e decine di migliaia di soldati italiani morirono congelati o furono fatti prigionieri. I soldati italiani erano male armati e peggio equipaggiati, combatterono col fango, il ghiaccio e la fame. Vi furono gesti e scaramucce di grande eroismo individuale ed insieme di estrema resistenza davanti all’inesorabile avanzata dell’armata sovietica.
L’eco delle canzonette… del “testamento del capitano” mi tornano tristemente all’orecchio: I suoi alpini ghe’ manda a dire – che non scarpe per camminar “o con scarpe o senza scarpe – i miei alpini li voglio qua”…
Francesco Giuseppe Mellea è stato un fortunato redivivo, grazie alla sua indomita fede religiosa ed alla sua tenace volontà.
Per lui è stato di grande aiuto e rimarrà riconoscente, per il resto della sua vita, per l’intervento di S. Franecsco di Paola, pag. 91 del testo, grato alla sua intercessione per essere riuscito a sopravvivere al disastroso evento bellico che solo nella nostra Calabria causò la morte di migliaia di uomini.
I nostri militari in segno di protezione portavano custodite gelosamente nel taschino della giacca della divisa militare (dalla parte del cuore) le immagini della Madonna, dei Santi di cui erano devoti, con le foto dei propri cari lontani.
Il libro costituisce un monito contro l’assurdità della guerra che lascia sempre dietro di sé distruzioni, lutti e rovine ed una lunga ostilità tra i popoli.
“Risposta non c’è, o forse chi sa, caduta nel vento sarà? Al perché della guerra (Bobby Dylan) canta: “Quanti cannoni dovranno sparar – e quando la pace verrà – Quanti bimbi innocenti dovranno morir e senza saperne il perché – Quanto giovane sangue versato sarà, finchè un’alba nuova verrà?”
“Dona, o Signore il riposo eterno ai nostri morti ed ai caduti di tutte le guerre – Concedi ai popoli la pace nella giustizia e nella libertà e che l’Italia nostra, stimata ed amata nel mondo, meriti la protezione tua e la materna custodia di Maria, anche in virtù della concordia operosa dei suoi figli Amen”, (dalla preghiera del soldato).

Giuseppe Ferrari

Un uomo, Una storia. Commenta
Angela Rosa Paone su "Il quotidiano"

lunedì 1 settembre 2008

Mario Rigoni Stern
Il Sergente nella neve
Memoria ed Epopea Alpina

Mario Rigoni Stern:

il racconto come veicolo della memoria


Il Sergente nella neve” ha finito di combattere. E’ tornato a baita, tra la sua gente, tra i suoni e i colori delle sue montagne, e ora riposa la pace eterna.
Il sergente nella neve era Mario Rigoni Stern, medaglia d’argento al valor militare, alpino per scelta, uomo semplice di grandi passioni, di nobili sentimenti e di alta sensibilità verso gli altri, grande amante della montagna e della natura, icona dello spirito autentico degli alpini e dei valori della gente di montagna, grande scrittore e instancabile narratore, pezzo importante del nostro novecento, grande voce narrante della storia e della letteratura del nostro Paese e della verità umana. Arruolato nel corpo degli Alpini nel 1938, allo scoppio della guerra fu mandato a combattere dapprima in Francia, poi in Albania, in Grecia ed in Russia. E proprio nella gelida regione sovietica, durante la II guerra mondiale, il sergente visse l’esperienza che gli cambiò la vita, combattendo una guerra che gli ha lasciato segni inenarrabili, ma che ha avuto la capacità di trasformare in letteratura. Le sue storie trasudano di luoghi lontani, visti in prospettiva dall’Altipiano di Asiago, dove hanno preso origine le sue parole ed i suoi racconti, che gli hanno valso diversi importanti premi ed una fama che travalica le Alpi. Un uomo che ha condiviso immagini, storie e ricordi con Eugenio Corti, Primo Levi e Nuto Revelli, dei quali è stato grande amico.
“Il sergente nella neve” è anche il capolavoro letterario di Mario Rigoni Stern, col quale si colloca all’interno della corrente narrativa neorealistica. Un romanzo autobiografico, pubblicato nel 1953 su indicazione di Elio Vittorini e divenuto ben presto un classico della letteratura italiana, tradotto in diverse lingue e utilizzato in molte scuole italiane come testo di lettura. Cronaca personale e diretta dell’esperienza dello scrittore, quando era sergente della divisione Tridentina durante la campagna di Russia, il libro racconta la tragica ritirata dell’Armir, di cui faceva parte il Corpo d’armata alpino, nel gennaio del 1943, durante la quale miglia di soldati italiani morirono sotto i colpi del nemico e del freddo polare ed il sergente si distinse per aver portato in salvo, fuori dalle linee del fuoco nemico, un cospicuo gruppo di soldati ormai allo sbando. Il libro è una grande testimonianza storica, un racconto lucido, sincero, privo di inibizioni e di timide premure, una storia straordinaria che arriva dritta al cuore e non risparmia verità, un lacerante inno contro la guerra, ancora più forte perché scritto da un ex soldato. Storia di uomini mandati allo sbaraglio, con armi e vestiti inadeguati e cibo scarso. Quei giorni, Mario Rigoni Stern, semplice sergente divenuto improvvisamente responsabile della vita di molti uomini, li racconterà, con misurato orgoglio, come essere stati i giorni più importanti della sua vita. Un racconto doloroso ma fondamentale per trasmettere agli altri il senso della propria esperienza, che rappresenta un sicuro ed efficace veicolo della memoria. Un racconto, dunque, all’insegna del ricordo e della memoria, di tutti i compagni uccisi, di coloro che ha visto cadere al suo fianco sulla neve, nella più tragica insipienza e inadeguatezza dei vertici militari. Un’esperienza nel corso della quale Mario Rigoni Stern si è contraddistinto anche per i suoi interventi a favore di alcuni civili in condizioni disagiate, che sono sopravvissuti grazie al suo aiuto, come Nikolaj Sanvelian che, salvato dal sergente, diverrà uno dei più apprezzati scrittori Russi e, all’avvio della glasnost e della perestroika, costituirà l’Associazione Internazionale degli Intellettuali “My Cultura” a cui parteciperanno anche Mario Rigoni Stern, Alberto Moravia e Giancarlo Pallavicini.
Di MarioRigoni Stern sono molto noti anche gli altri suoi romanzi, come “Il bosco degli urogalli”, “Storia di Tonle”, “Le stagioni di Giacomo” e via dicendo, tutti ispirati a grande rispetto e amore per l’uomo e la natura, nei quali sono sottolineati i valori importanti, autentici, veri ed universali della vita, in cui egli credeva fermamente: il grande amore di un uomo per la sua terra, il legame indissolubile tra memoria e natura, che costituisce l’essenza delle sue opere. Mario Rigoni Stern “aveva la grandezza che hanno i solitari”, come disse lo scrittore Ferdinando Camon. Quando un grande come Mario Rigoni Stern non c’è più il sentimento che si prova è di nostalgia e di rammarico per non averlo conosciuto. Certo, rimangono i suoi libri, ma una persona così sarebbe bello poterla guardare negli occhi mentre racconta.
Il sergente se n’è andato, non c’è più, ma ci si può credere: l’eco della sua voce risuonerà a lungo e non solo tra le sue montagne.
Michele Petullà


lunedì 25 agosto 2008

Ricordando De Andre' 2008 a Mileto
Struggente malinconia e messaggio incorrotto

I Fronesis Saverio Catagnoti e Pino Curra' in

Fiume Sand Creek

Non ha tradito le attese la II edizione del Premio Fabrizio de Andrè, le cui fasi finali si sono svolte a Mileto il 21 agosto. Un’intera serata dedicata al compianto cantautore genovese - che ha lasciato un segno indelebile nel panorama musicale italiano - ed alle sue canzoni, sospese tra musica e poesia. Sul palco, allestito in piazza Badia, si sono esibiti in tredici, tra artisti singoli e gruppi musicali, riproponendo le sue canzoni con interpretazioni di ottimo livello, in un’alternarsi di suoni ed emozioni che hanno piacevolmente coinvolto ed appassionato l’ampio pubblico presente. Alla fine, il verdetto emesso da una giuria qualificata, composta da musicisti, estimatori e studiosi di Fabrizio De Andrè e specialisti del settore, ha decretato la vittoria del gruppo I Fronesis (voci di Saverio Catagnoti e Pino Currà) che, con una bella interpretazione della canzone Fiume Sand Creek, si sono aggiudicati il 1° premio di mille euro. Al 2° posto, distanziato da soli quattro voti, si è classificato Marco Petrolo, con la canzone Sidun, mentre al 3° posto si sono classificati, ex aequo e ad un solo punto di distanza dal precedente, i Mediterraneos (voce solista Franco Arena), con la canzone Le acciughe fanno il pallone, e Antonio Giordano, con la canzone Khorakanè. Il premio della critica, infine, è stato assegnato ad Antonio Grillo, con la canzone Andrea. Un voto articolato quello espresso dalla giuria che, nell’attribuire il punteggio alle canzoni proposte, ha dovuto tenere conto della voce, dell’interpretazione e dell’arrangiamento. Dunque, un verdetto difficile e complesso, ma anche obiettivo e centrato, che ha riscontrato e rispettato anche il favore ed i pronostici del pubblico, che con entusiasmo e passione è rimasto ad ascoltare, fino a tarda notte, le emozionanti parole-poesie di Fabrizio De Andrè.

Michele Petullà

martedì 19 agosto 2008

Fabrizio De Andrè: Mileto tramanda la sua memoria

Entra nel vivo la seconda edizione del Premio “della musica e delle parole”, organizzato dall’Associazione turistica Proloco di Mileto (presieduta da Francesco Ciccone) e intitolato al compianto cantautore genovese Fabrizio De Andrè, il cui ricordo, nonostante siano passati ormai nove anni da quando ci ha lasciati, rimane fortemente vivo in tutti quelli che come noi hanno amato la sua musica e le sue parole. Le fasi finali del premio si svolgeranno nella ridente cittadina normanna giovedì 21 agosto, in piazza Pio XII con inizio alle ore 22. Nel corso della serata gli artisti (solisti o gruppi) che hanno superato le fasi preliminari del concorso si esibiranno con l’interpretazione di canzoni del cantautore genovese e saranno giudicati da una qualificata giuria che decreterà il vincitore del Premio al miglio interprete. Il Premio, attraverso la proposizione e l’interpretazione delle canzoni di Fabrizio De Andrè, oltre a voler rappresentare un degno tributo al cantautore genovese, ha lo scopo di stimolare e promuovere una produzione ed una crescita artistico-musicale libera ed originale, ma anche quello di dare visibilità ad artisti nuovi o meno noti, dando loro l’opportunità di esibirsi su un palcoscenico, davanti a un grande pubblico popolare e ad una giuria qualificata. Il Premio, pur essendo ancora giovane, è già diventato un appuntamento molto atteso dai fedelissimi del cantautore e da tutti gli amanti della musica italiana d’autore, e si candida a diventare una manifestazione importante e qualificata anche a livello nazionale oltreché regionale.
A Mileto, dunque, la memoria di Fabrizio De Andrè si tramanda. Ricordare De Andrè significa ricalcare i percorsi dei suoi personaggi, quegli angoli di umanità con cui si confrontava e che ha molto studiato, così tanto da tentare di comprenderli. Si è sforzato di comprendere realtà differenti, usando la gioia del dialogo che, specie in una realtà come la nostra, rimane una condizione fondamentale di crescita e di democrazia.
De Andrè ha introdotto nel mondo della musica leggera un nuovo modo di esporre, in musica e in parole, i fatti e la realtà della vita. Ha elevato le parole al rango di racconto-poesia. Per questo Fabrizio De Andrè rappresenta una leggenda italiana, la cui musica e le cui parole hanno fatto e fanno battere il cuore. Raramente gli uomini riescono a scuotere le coscienze come la voce di Fabrizio ha saputo fare con le sue canzoni, in tanti anni di carriera fuori dalle regole e dai canoni del sistema. Per questo, tanti e tanti, molti, che come noi sono cresciuti con le canzoni di Fabrizio De Andrè ed hanno riconosciuto nella sua musica e nelle sue parole gli insegnamenti di un grande maestro, continuano ad ascoltare la sua voce. Grazie Fabrizio per aver cantato di Marinella, di Bocca di Rosa, di Via del Campo, di una Smisurata preghiera, del nostro Amico Fragile, dei nostri amori perduti, per averci fatto gridare attraverso le tue ballate contro tutte le assurdità del mondo, contro le sue ipocrisie e le sue ingiustizie. E grazie per averci convinto che “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.
L’eco della tua voce continuerà a risuonare ancora, ed a lungo, e non solo tra la tua gente.
Michele Petullà

domenica 17 agosto 2008

Eurispes: inflazione doppia
un terzo dei vibonesi indebitati

Aumentano i prezzi e la spesa diventa sempre più pesante per il portafoglio delle famiglie italiane e, in particolar modo, per quelle calabresi (l’Italia è il Paese europeo dove pane e pasta costano di più). Sale l’inflazione, cala il tenore di vita, crollano i consumi e la propensione al risparmio, cresce l’indebitamento finanziario delle famiglie, che, sempre più numerose, fanno ricorso al credito mediante l’accensione di prestiti al consumo. Ci si indebita per necessità, per far fronte alle rate del mutuo, per cercare di sostenere il proprio tenore di vita, ma anche per cercare rifugio dalle ristrettezze di redditi sempre più smilzi e sempre meno capaci di mantenere il loro potere d’acquisto di fronte a un’inflazione percepita che, secondo l’Eurispes, in Calabria galoppa a ritmi più che doppi rispetto a quella ufficiale. In questa situazione di grave disagio economico ormai il ricorso al prestito rappresenta per molte famiglie una forma stabile di integrazione del reddito. In tempi di crisi, come quella che stiamo vivendo, le famiglie si appoggiano alle stampelle del credito per puntellare il proprio tenore di vita e rispettare la martellante scadenza delle rate del mutuo. Un tempo il prestito si faceva solo per un acquisto o un investimento importante, ora le rate dilagano e anche il costo delle vacanze, sempre più inaccessibili, quando non vi si rinuncia, viene dilazionato. L’immagine che ne emerge è quella di una società in crisi, segnata dal progressivo e sostanziale impoverimento del ceto medio, in cui il risparmio e i consumi sono soffocati, dove sembra si stia creando il terreno adatto per l’insorgere di grandi tensioni sociali. In questa situazione generalizzata, ancor di più risalta il dato dell’Eurispes secondo cui le famiglie che maggiormente ricorrono ai prestiti personali (34%) sono quelle del vibonese, dove quasi una famiglia su due non riesce ad arrivare alla fine del mese. Ad ulteriore conferma di questo dato, peraltro, vi è il crescente proliferare, specie a Vibo, di negozi finanziari e società di prestiti al consumo, che si vanno ad affiancare alla già preponderante presenza di banche, con l’offerta di condizioni e servizi talvolta talmente “allettanti” da apparire al di fuori di ogni logica di mercato, tanto da far sorgere spontanea e legittima la domanda (o il dubbio): “ma dove sta l’inganno?”. Comunque sia, anche e soprattutto a Vibo il crollo del risparmio, in termini sia di minore quota del reddito disponibile da destinare al risparmio sia di erosione del risparmio già accumulato per far fronte alle spese correnti, si è accompagnato alla crescita dell’indebitamento da parte delle famiglie. Il ricorso al debito avviene sempre mediante il rimborso a rate, posticipando il sacrificio del risparmio, nella speranza di un aumento futuro del reddito disponibile. Così facendo, si trasferisce nel futuro un fatto certo negativo per il bilancio familiare (il pagamento delle rate), con tutte le incognite e incertezze che ne possono derivare. Per contrastare le difficoltà economiche, aggravate dalla presenza di un forte fenomeno inflattivo, le famiglie hanno modificato il proprio stile di vita: tagliano le spese superflue e riducono i beni non essenziali; sempre più spesso si destreggiano tra saldi ed offerte promozionali e si rivolgono ai punti vendita più economici come i discount. La situazione è talmente seria che un piano contro il carovita, teso a favorire la ripresa dei consumi, in quanto “motore dell’economia”, si rende sempre più necessario. A partire dal blocco immediato dei prezzi di beni e servizi, principalmente quelli di prima necessità e di largo consumo, al fine di bloccare il progressivo deterioramento del potere di acquisto dei redditi delle famiglie. A ciò è necessario che si accompagni anche una politica economica e fiscale coraggiosa che realizzi la defiscalizzazione almeno di un paniere di beni di prima necessità, attraverso il meccanismo della deducibilità e/o detraibilità dal reddito. Oltre a questo è necessario adottare una serie di provvedimenti che facciano recuperare direttamente e immediatamente ai redditi buona parte del potere di acquisto perso nel corso di questi ultimi anni. E c’è un solo modo per ottenere questo risultato: aumentare i redditi (salari, stipendi e pensioni) in funzione non dell’inflazione programmata, che è ormai ben poca cosa e rappresenta una semplice chimera, ma in funzione almeno dell’inflazione ufficiale che, comunque, resta ben al di sotto dell’inflazione percepita.
Michele Petullà

sabato 24 maggio 2008

Esaltare e condividere i valori etici universali espressi in "Un uomo.Una storia"

Il libro non è solo la storia di un uomo, ma è un'allegoria.
Un testo che riesce a raggiungere pur nella sua semplicità i contenuti il ritmo e l'universalità dei testi classici come l'Odissea, o la Divina Commedia.
E' il racconto appassionato e commosso di una figlia innamorata, che evoca e rivive trasformando la nostalgia e la mancanza di un padre semplice ma eroe, in un saggio che sa coniugare al meglio l'intensità narrativa con la precisione storica lasciando un messaggio preciso e universale per ogni generazione: Il valore di un uomo non sta nella sua funzione sociale o nel suo valore economico, ma nel suo cuore, nel suo coraggio, nella sua lealtà ai valori del bene e dell'umanità e della vita e della famiglia in ogni circostanza, soprattutto quando ogni speranza sembra essere vana e tutto proprio tutto sembra in modo irreversibile vocato al nulla e alla morte. Sta in questo esercizio della Memoria la cura e l’ascesi della Libertà e della Coscienza Civile specie in un’Italia da sempre “avara” e “smemorata” troppo pronta a dimenticare e rimuovere per chiudersi nel proprio “particolare”di casta e nel cinismo. Un libro quindi da leggere e rileggere e conservare …ma soprattutto da vivere ..Un libro che sa far rivivere lo spirito di nonno Ciccio: la sua ironia, l’umanità, la lealtà, la generosità..il calore di cui è pregna tutta la sua famiglia ..il calore di un Italia e di un Sud che non vuole perdere la propria partita ma che vuole vincere e andare avanti per togliere le ragnatele di oscuri miti gotici che coprono l’inconscio collettivo e opprimono il meglio di questo Paese ingrato con i suoi figli e questa terra di Calabria rinfocolando la fiamma della verità e dell’entusiasmo.Un Testo in conclusione, allegorico e reale, ma soprattutto sapienziale da cui ogni uomo di ogni età può ripartire per evocare , trovare ,approfondire (anche tramite l’uso della bibliografia e delle citazioni introduttive di ogni capitolo) e seguire la strada verso un futuro che è tutto da costruire.
Corrado

domenica 30 marzo 2008

Gli autori di "Un Uomo. Una Storia"
Parlano del loro libro

"Un uomo.Una storia" di Marcella Mellea e Michele Petullà, Adhoc Editore, 2008, Vibo Valentia
Per Marcella le storie dei nostri padri sono scritte nel nostro dna e sono come un urlo silenzioso che non vuole nascondersi al mondo.

Per Michele la conoscenza della nostra storia individuale e collettiva ci rende consapevoli della nostra forza nel mondo e ci permette di costruire societa' nuove e senza guerre.

sabato 29 marzo 2008

Gilberto Floriani:
Identità individuale e identità collettiva
in "Un uomo.una storia"

Gilberto Floriani Direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese presenta il Libro "Un Uomo.Una Storia" di Marcella Mellea e Michele Petulla, Adhoc editore, 2008, Vibo Valentia.
Il libro racconta la storia di un contadino calabrese di Montepaone che si arruola, nella seconda guerra mondiale, a 18 anni negli Alpini della Cuneense e viene mandato in Russia dove combatte e soffre la tragica ritirata.
La Memoria individuale è memoria collettiva

Gilbero Floriani sottolinea come la consapevolezza collettiva del nostro passato nasca dalla memoria storica individuale e come essa debba trasformarsi in evento che conservi e coltivi l'identità storica della nostra citta' e della nostra regione.

venerdì 28 marzo 2008

Per l'Antropologo Cinquegrana
"Un uomo. Una storia" e'
Sacrario della Memoria


Giuseppe "Pino" Cinquegrana studioso di antropologia culturale e autore di numerosi saggi dei quali l'ultimo "Magia e Sogno nella cultura popolare calabrese" ha avuto grande successo di critica e di diffusione, definisce il libro "Un uomo. Una Storia", "un sacrario della memoria".

Cambareri di Calabria Ora:
"Un uomo. Una storia"
E' un manifesto contro la guerra


Pier Paolo Cambareri alla presentazione del volume "un Uomo. Una storia" definisce il libro, un manifesto contro tutte le guerre.

giovedì 27 marzo 2008

Il Sindaco di Vibo Valentia
Franco Sammarco
commenta il libro "Un uomo.Una storia"

Il Sindaco di Vibo Valentia Franco Sammarco commenta il libro

"Un uomo. Una storia"

nella presentazione avvenuta al Sistema Bibliotecario Vibonese

il 15 marzo 2008


sabato 15 marzo 2008

La tragica ritirata dalla Russia
nel libro di M. Mellea e M. Petullà
ANNA B. CHIARELLA ne parla
su il Quotidiano della Calabria


Un clic sull'immagine per leggere l'articolo

L’evento questa sera alle 17.30 al Sistema bibliotecario vibonese
La tragica ritirata dalla Russia
Il racconto nel libro di Marcella Mellea e Michele Petullà

giovedì 28 febbraio 2008

Un uomo. Una Storia.
Un libro di M. Mellea e M.Petullà


Giorno 15 marzo 2008 ore 17,30
Presso il
Sistema Bibliotecario Vibonese
in via Forgiari
Presentazione del libro
"Un uomo. Una storia"
di Marcella Mellea e Michele Petullà